Personaggi illustri

I figli di Rueglio hanno girato il mondo, alcuni sono tornati dai loro viaggi (spesso condotti alla ricerca di una vita migliore, a volte trovata) e hanno contribuito ad arricchire il paese, di opere e di "visioni" nuove e diverse, offrendo il...

Descrizione

I figli di Rueglio hanno girato il mondo, alcuni sono tornati dai loro viaggi (spesso condotti alla ricerca di una vita migliore, a volte trovata) e hanno contribuito ad arricchire il paese, di opere e di "visioni" nuove e diverse, offrendo il punto di vista di chi "era andato fuori". Sono stati poeti, inventori, insegnanti di musica alla corte degli Zar di Russia, hanno costruito ponti, gallerie, dighe in tutta Italia e Europa, in America, Persia, Indocina; hanno a volte raccolto fortune emigrando in Sud America, ma non hanno mai dimenticato le loro origini.

In questa parte del suo sito il Comune di Rueglio ricorda quindi questi uomini e donne, a cominciare da chi, forse meglio di tutti, rappresenta quello che vuole dire "essere ruegliesi": tenaci, a volte testardi, ma capaci di grandi sogni e progetti, senza alcun timore di quello che non si conosce: il nostro poeta e inventore Pietro Corzetto Vignot.

Pietro CORZETTO VIGNOT

(Rueglio, 1 novembre 1850 / 21 febbraio 1921)
L’anno in cui Cavour viene nominato ministro, nasce a Rueglio Pietro Corzetto Vignot. A fine ‘800 il viaggio da Torino a Parigi si poteva compiere in una giornata … lo stesso tempo era necessario per arrivare dalla Valchiusella a Torino; nonostante questo, molte donne ruegliesi si avviavano verso i centri del Piemonte a piedi, con una cesta sulla testa per vendere poveri articoli di merceria, dei quali si rifornivano lungo la strada.
Anche Anna Maria Peno Mazzarino, madre di Pietro, compiva per la prima volta questo coraggioso viaggio, attraversando la frontiera con la Svizzera nel 1867; indicata come “merchandise” nei registri dell’immigrazione di Sion, era accompagnata dalla figlia Barbara, che si impiegherà come domestica a Martigny. Pietro, intanto, presso il ginnasio "Botta" di Ivrea, nell'anno scolastico 1865-66 iniziava gli studi, proseguiti con profitto fino al quinto anno. Purtroppo, pur essendo promosso a pieni voti, il nostro non si presenterà agli esami di licenza.
Nel giugno 1871 si sottopone alla visita militare di leva: é esonerato essendo figlio unico maschio. Nello stesso anno, il 31 ottobre, a Rueglio muore il padre Battista (detto "Titas" per la robustezza fisica).
In periodi successivi tra la fine del 1867 e il dicembre del 1882, la madre di Pietro e le due sorelle risiedono in Svizzera: Barbara sempre a Martigny, e la madre con Elisabetta a Sion. Dai registri dell'immigrazione della città svizzera, risulta che Pietro vi soggiorna saltuariamente tra il 1875 e il 1879, con la qualifica di "etudiant" (dato che testimonia la frequentazione di qualche istituzione scolastica in Svizzera, anche se non sappiamo quale).
Dopo il rientro in Italia, Pietro con la madre si stabilisce a Spezia. Il porto della città ligure è ormai in funzione da alcuni ann,i e l'arsenale navale militare è in piena attività … già da qualche tempo Pietro vagheggiava la sua avventura sottomarina, progetto che si concretizzerà con la costruzione e il varo della “sfera metidrica”, proprio nella acque fronti stanti la costa ligure, nel 1895. Solo nel 1912 Pietro torna al suo paese natio, in occasione delle onoranze che il paese volle tributargli; anche se la fortuna negli anni gli fu spesso avversa, questo grande ruegliese non si ritenne mai sconfitto, tanto che nel 1913 ottenne una concessione dal Comune di Rueglio per la ricerca e lo sfruttamento di cave di talco in regione Paltor.
Negli ultimi anni della sua vita Pietro ricopre il ruolo di giudice di pace, con scarso tornaconto anche da questa attività; muore, in dignitosa miseria, nel febbraio del 1921.

Lo scrittore
Nel 1872, l’incontro con il pittore inglese Ferdinando Junch costituisce il “detonatore” che indirizzerà parte della vita del Vignot verso la poesia; al pittore Pietro dedicherà anche alcuni versi, che costituiranno il primo nucleo di quella che diverrà “La-Kansun d-la-Musika” .
È già in questa fase evidente la scelta di esprimersi attraverso la sua lingua materna: il Vignot sceglie il dialetto per i suoi versi, un idioma mai prima di allora codificato in forma scritta e parlato all’epoca da poco meno di 2000 persone; questa coraggiosa (e sentimentale) decisione avrà come conseguenza la necessità di ideare opportune regole di trascrizione della parlata, un lavoro che impegnerà a lungo il poeta.
Negli anni successivi la sua produzione sarà notevole, ancorché non continua (interrotta a più riprese per seguire il progetto della “Sfera metidrica”); tra gli scritti più importanti:
-"La Kansûn d-la-Musika" (La canzone della musica - 1873)
-"Líti d-Rôsa" (Le liti di Rosa - 1875)
-"Utel Lukâl" (Utile locale - 1879)
-"La Kansûn díj vakêr" (La canzone dei vaccari - 1889)
Nel 1889, presso la Tipografia Sichero di La Spezia, Pietro da alle stampe la raccolta dei suoi versi in ruegliese, raccolti sotto il titolo di “Stil-Alpin”; inizialmente organizzata in una serie di volumetti (probabilmente per abbattere i costi) la raccolta contiene “La Kumédgia dl’-afarîsim” (La commedia dell’affarismo).
Nel 1976, grazie al lavoro della studiosa Dilma Formento, vede la luce la prima traduzione in italiano di Stil-Alpin, corredata da numerosi commenti e note (Fratelli Enrico Ed.).
Il miglior suggello all’opera letteraria del Vignot è ancora oggi quello dato dal giurista Francesco Ruffini nel 1890: … per conto mio, fatta la grande eccezione del Carducci, e fatte forse un altro paio di eccezioni, dò tutto il resto della odierna poesia italiana per i versi di questo montanaro”.

L’inventore: la Sfera Metidrica
È nel 1878 che negli scritti del Vignot compare per la prima volta il termine “Metidrica”, un riferimento al suo sogno di inventore, il progetto a cui dedicherà gran parte della sua vita; lui, nato in mezzo ai monti, ossessionato dal desiderio di esplorare le profondità del mare.
Il progetto della Sfera “Metidrica”, neologismo coniato utilizzando due vocaboli greci: “Metá” (assieme a) e “Hydor” (acqua), quindi “Methydor”, riguarda infatti la realizzazione di quello che posiamo considerare a buon titolo un antesignano del moderno batiscafo (per approfondire questo aspetto si consulti la sezione cosa vedere).

Enrico COMPAGNO

(Rueglio, 1873 / Buenos Aires, 1957)
Figlio di Pietro e di Maria Ottavia Buracco, quando parte nel 1887 con la famiglia per l’Argentina ha quattordici anni. Nel 1910 si sposa, non avrà figli.
Nel 1927, a cinquantaquattro anni, scrive al Parroco a Rueglio inviando denaro per la Chiesa.
Ritorna a Rueglio nel 1948 (a 75 anni) e nel 1950.
Affezionatissimo al borgo natio, fissò un ricordo di Rueglio nella cittadina che fondò nel Gran Chaco, dotandola di una Chiesa che si ispira a quella di Rueglio, aperta al culto nel 1917. Sia alla cittadina che alla Chiesa diede il nome della madre: “dal nome della mamma adorata, la cui ferma fede è quella che m’ispira a compiere il mio dovere verso la indimenticabile chiesetta ruegliese ove i miei antenati ed io stesso ricevemmo il S.Battesimo, la Prima Comunione e sotto la cui volta echeggiarono le nostre voci giovanili nei canti sacri.”
Enrico Compagno fù il fondatore e il presidente dell’Istituto del cemento Portland argentino e, nel momento in cui rivestiva la carica di vicepresidente della corporazione Cementifera Argentina (Corcemar) dotò la cittadina da lui fondata di un edificio scolastico a lungo considerato il più bello e funzionale dell’intera provincia.
L’edificio che ospita la Biblioteca Comunale intitolata al Vignot, costruito nel 1870, fu donato al Comune proprio da Compagno: la così detta “Casa Majini”, ristrutturata nel 1994, diventerà “Casa della Cultura”, nel rispetto della volontà del donatore.

Pietro BOSSATTI

(Rueglio, 1878 / Portland, 1958)
Figlio di Gian Domenico e di Maria Maddalena Munchiando, all’età di 25 anni Pietro emigra negli Stati Uniti diretto in Oregon; gli è compagna la moglie Giuseppina Verdaglio, che condivide con il marito i momenti duri degli inizi e quelli buoni del successo.
La professione di Bossatti è quella di muratore, e a questa stessa attività si dedica appena arrivato a Portland, dove la maggior parte delle costruzioni sono ancora di legno; la sua prima casetta unifamiliare piace, e in breve tempo diventa imprenditore di successo. Tuttavia non dorme sugli allori, continua ad affinare la propria capacità professionale e la propria cultura, contribuisce all’elevazione morale e materiale dei nostri connazionali, ai quali (spesso condannati ad una specie di umiliante apartheid, basti pensare che, nelle grandi città, era loro vietato l’uso dei mezzi pubblici) offre assistenza e lavoro.
Pietro Bossatti ritorna per la prima volta a Rueglio nel 1953 e una seconda nel 1955. Durante quest’ultima visita si incontra a Castellamonte con Enrico Compagno, proveniente dall’Argentina; entrambi si ripromettono di continuare nel loro sforzo per migliorare la qualità di vita dei loro compaesani.
Fra le opere realizzate con il suo contributo, oltre alle numerose elargizioni a Filarmonica e Scuole, sono da ricordare:
-il completamento della pavimentazione in porfido della piazza;
-la pavimentazione delle strade che portano il suo nome e quello della moglie;
-la sistemazione della piazzetta di ingresso e delle facciate del municipio;
-l'ammodernamento dell’organo della Chiesa e dell’orologio del campanile.
Muore nel 1958, all’età di 80 anni.

[nella foto il Comm. Pietro Bossatti con la moglie Giuseppina, il giorno dell'inaugurazione della nuova piazza del paese]

Pier Matteo SCALA MARCHIANO

(Rueglio, 27 luglio 1880 / 14 aprile 1970)
Medico Condotto e Ufficiale Sanitario del Consorzio “Rueglio-Alice-Pecco”, nasce a Rueglio nel 1880.
Laureato in Medicina e Chirurgia nel 1906, nel 1916 viene nominato dal Presidente della Corte d’Appello di Torino “Conciliatore” per il Comune di Rueglio.
Opera per 40 anni come medico condotto dei tre Comuni del Consorzio, con i ruoli di chirurgo, ostetrico, ginecologo, pediatra e psichiatra, confrontandosi con gli scarsi mezzi di comunicazione del tempo, in ogni condizione meteorologica avversa e percorrendo spesso a piedi sentieri e mulattiere sconnesse.
Nel 1938 finanzia con i suoi risparmi i lavori della centralina elettrica di Succinto, che potrà così essere dotata della ruota “Pelton” indispensabile al suo funzionamento.
Alla sua morte, avventa a Rueglio nel 1970, non lascerà ricchezza o palazzi, ma una eredità fatta del bene offerto, dedicato con particolare attenzione ai più poveri, agli anziani e ai derelitti.
Nel 1972, per onorare la sua memoria, un gruppo di valligiani raccoglierà nel bel volume “Valchiusella, gente e paesi”, alcuni scritti dedicati al ricordo degli uomini, delle attività, dei luoghi e delle vicende della Valchiusella, la terra da lui tanto amata.

Camillo GLAUDO

(Locle, 22 dicembre 1882 / Caracas, 1970)
Nasce a Locle (Svizzera) nel 1882, da Pietro e Maddalena Rubino Majner; ha quattro sorelle e un fratello, tutti nati in Svizzera tranne la primogenita nata a Rueglio. I figli nascono infatti dove il lavoro porta, e il padre Pietro era arrivato così sugli alti colli, costruendo strade per collegare i vari cantoni alpini svizzeri.
A vent’anni Camillo decide di andare in Venezuela, dove inizia la sua fortunata carriera come coltivatore di caffè, alle dipendenze di un proprietario terriero, per concluderla come grande allevatore di buoi e di cavalli di razza nello stato Guarico e in quello di San Ferdinando de Apure, divenendo uno dei maggiori proprietari terrieri venezuelani e, a testimonianza della sua ascesa economica e sociale, finendo per sposare la cugina del Governatore, Donna Carmen Gomez, legando quindi il suo nome a quello di una delle famiglie più in vista del Paese.
Un segno del suo attaccamento a Rueglio, oltre che con le sue benefiche iniziative a favore della popolazione ruegliese, Glaudo lo diede con la decisione di conservare la cittadinanza italiana. In paese, l’edificio che ospita la Scuola dell’Infanzia e il Soggiorno per anziani, fu da lui finanziato, e tale complesso porta infatti il nome dei suoi genitori: Pietro e Maddalena.

"Mentre Monsignor Bartolomeo Peller racconta del suo arrivo a Rueglio nel 1947 e dei viaggi in bicicletta fino a Torino per verificare l’arrivo dei fondi che avrebbero permesso di costruire la Casa di Riposo, i ricordi corrono veloci…..Così inizia la storia della Fondazione Pia Opera “Glaudo Pietro e Maddalena".
Da quegli sforzi sarebbero nati prima la scuola materna e poi una struttura per anziani che ancor oggi esistono.
Don Bartolomeo aveva cercato sin da subito di capire come poter aiutare i suoi parrocchiani e un primo passo importante fu l’amicizia con la Maestra Rosetta Brachetto, nipote di Camillo Glaudo.
Glaudo era già noto per aver aiutato economicamente alcune missioni in America Latina e fu naturale chiedersi se avrebbe avuto piacere di dare una mano al suo paese natio.
Vennero presi i primi contatti e la maestra Brachetto decise di andare a trovare suo zio direttamente in Sud America. Camillo Glaudo decise di appoggiare i buoni propositi e richiese un primo progetto. Durante il viaggio di Rosetta, Don Peller aveva conosciuto a Rueglio l’ingegnere Mario Ricono che si offrì di realizzarlo….
Una bella mattina del 1959 Don Peller ricevette tramite lettera la convocazione presso la Banca del Lavoro di Torino. Giunto presso gli Uffici, scoprì che erano stati depositati 18.250.000 lire. Una cifra per quei tempi straordinaria che accese gli entusiasmi di tutti: il sogno cominciava a diventare realtà.
I lavori partirono e ulteriori donazioni di Glaudo – fino a un totale di circa 26.000.000 di lire – permisero di edificare una struttura funzionale. Operativa dal 1963 la Casa di riposo fu dedicata ai genitori del benefattore.
[tratto dal periodico della Comunità Montana Valchiusella - n°1, giugno 2008]

Domenico Carlo SCALA MARCHIANO

(Rueglio, 11 luglio 1907 / 27 aprile 1977)
Specialista in pediatri e Medico Condotto dei Consorzio “Rueglio-Alice-Pecco” (oltre che nei Comuni di Castelnuovo Nigra e Piverone), nasce a Rueglio nel 1907.
Laureato in medicina e chirurgia nel 1935, per poi specializzarsi in pediatria nel 1947, vince il concorso per una condotta a Torino, ma il padre Pier Matteo lo convince a rinunciare per prendere il suo posto a Rueglio, da dove opererà come pediatra in tutta la Valchiusella e nell’area del Canavese compresa tra Castellamonte, Agliè e Valle Sacra). Durante la sua vita di medico ha salvato centinaia di bambini, portandoli lui stesso, nei casi gravi, presso la clinica pediatrica di Torino.
In Canavese è ricordato come “il medico dei poveri”, per via delle numerosissime consulenze mediche che erogava a titolo gratuito a chi non poteva permettersi di pagare le sue prestazioni (consuetudine ereditata dal padre). È insignito del titoli di Cavaliere delle Repubblica e Commendatore.
Muore a Rueglio nel 1977.

Guido COMPAGNO ZOAN

(Rueglio, 29 luglio1915 / 10 maggio 2010)
Figlio di Domenico (uno dei primi socialisti di Rueglio) e di Clementa Pezzana, Guido impara prestissimo il mestiere di materassaio (professione che gli regalerà, in perfetta tradizione ruegliese, anche il soprannome di “materasér”), e lavora tra Rueglio e la valle di Gressoney, dove si reca a ripristinare i materassi degli alberghi e dei rifugi ad alta quota.
Carda la lana persino al rifugio del Quintino Sella (al quale dedicherà una poesia) e alla Capanna Regina Margherita, il rifugio più alto d’Europa (4554 metri s.l.m.), accompagnato in cordata dalle guide locali.
Inizia a scrivere all’età di 36 anni, traendo ispirazione dalla bellezze della montagna; i versi di esordio sono in italiano, ma ben presto la voce del paese natio si fa sentire e, utilizzando il sistema di scrittura proposto dal suo predecessore Pietro Corzetto Vignot, Guido comincia a scrivere in dialetto ruegliese.
Le sue prime poesie dialettali sono dedicate ai coscritti del 1961 (leva di cui fa parte la figlia Valentina) e a Dilma Formento, che ringrazia per gli incoraggiamenti a cimentarsi con la parola scritta ruegliese. La maggior parte dei suoi versi sono raccolti nel volume “Rimi Salveji” (rime selvatiche), edito alla fine degli anni ’80 (e recentemente ristampato) a cura del Comune di Rueglio.
Uomo dotato di straordinaria energia, negli ultimi anni di vita si dedicherà anche all’apicoltura e alla falegnameria, le sue grandi passioni insieme alla poesia.

Giacomo Filippo GIANONATTI

(Rueglio, 17 agosto 1916 / 24 luglio 1983)
Gianonatti Giacomo Filippo, detto “Flip”, nasce a Rueglio nel 1916; sono anni, quelli dell’inizio secolo, non facili per i paesi della Valchiusella: le miniere e le attività siderurgiche delle fucine, che avevano garantito una certa prosperità nel corso del ‘700 e ‘800, declinano rendendo più povera e difficile la vita degli abitanti della Valle.
In un paese che in poco più di 20 anni perde oltre la metà della sua popolazione per via dei forti fenomeni di emigrazione in atto (dai 2600 abitanti del 1915 si arriva nel 1935 a circa 1250 abitanti), Filippo cresce tra le fatiche della vita contadina e lo studio alla Scuola di Avviamento di Lessolo; sono gli anni del fascismo che avvicinano al secondo conflitto mondiale, e come tanti giovani viene chiamato a svolgere il servizio militare: nel 1936 è arruolato in Fanteria presso il 53° Reggimento Umbria del Regio Esercito Italiano.
Nel 1940 partecipa alla campagna di Grecia”; nel 1943, a seguito dell’armistizio tra il Regno d’Italia e le forze Alleate dell’8 settembre, si congeda dall’esercito e viene mandato a Macugnaga in Val d’Ossola, a lavorare nelle miniere di Quarazza. Due esperienze, quelle dell’insensatezza della guerra e del duro lavoro in miniera, che sviluppano in Filippo una forte avversione al fascismo e alle sue idee nazionalistiche.
Le fatiche e le ingiustizie del lavoro, la miseria che segna profondamente la vita nei paesi di montagna, la povertà e la fame che segnano l’Italia in quegli anni, aggravate dalle vicende belliche, fanno nascere in lui una forte passione per l’impegno politico; da sempre di idee socialiste, aderisce così al Partito Comunista Italiano, e con la fine della guerra inizia la sua lunga esperienza da amministratore pubblico.
Nel 1945, partecipa all’amministrazione provvisoria del Comune di Rueglio al fianco del Sindaco voluto dal Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia e nel 1946, con le prime elezioni amministrative, entra in Consiglio comunale presentandosi nella lista unitaria formata dal Partito Comunista Italiano e dal Partito Socialista Italiano.
Nel 1947, a seguito delle dimissioni dell’eletto, assume per la prima volta la carica di Sindaco; iscritto al P.C.I, negli anni successivi è sempre in amministrazione: primo cittadino dal 1947 al 1956, dal 1961 al 1971, dal 1976 al 1983.
Nel 1950 si sposa, nel 1952 ha la sua prima figlia e nel 1958 la seconda, che muore purtroppo prematuramente.
Gli anni da Sindaco lo vedono impegnato in un continuo lavoro per migliorare il paese a cui è profondamente legato: dapprima strade, fogne e illuminazione pubblica, poi la costruzione dell’asilo, del ricovero per anziani, degli impianti sportivi, di uno dei primi parchi Robinson (gli attuali parco-giochi) d’Italia, dell’impianto sciistico a Bossola (dove ancora oggi opera l’omonimo rifugio), del fondamentale nuovo ponte sul Chiusella che collega il paese di Rueglio al resto della Valle (inaugurato nel 1969). Un lavoro incessante, a volte al centro di vivaci confronti in paese e sovente frutto di lunghi negoziati “politici” con gli enti superiori, spesso di segno politico diverso. Sono gli anni della ricostruzione prima e del boom economico poi: un tempo in cui, un poco come nei racconti di Guareschi, pur nella contrapposizione, si trova spesso la via dell’accordo nel comune interesse dello sviluppo e dell’ammodernamento del Paese.
Dopo aver lavorato in Olivetti dal1957 al 1979, muore a Rueglio il 24 luglio 1983.

* Estratto dalla lettera inviata al Sindaco da Enrico Compagno (Buenos Aires, 15 febbraio 1954)
Carissimo amico, sono certo che ricorderete le nostre incursioni del 49 in tutte le più recondite straducole del nostro caro paesetto ove abbiamo contemplato, con vera tristezza, molte case vuote, abbandonate, alcune senza porte né finestre, molte diroccate, altre pericolanti, tutte appartenenti a genti che emigrarono per paesi lontani da dove, forse, non torneranno più…
Abbiamo riconosciuto che quello stato di cose non poteva continuare così e che il governo del paese doveva agire senza indugio a studiare e preparare un piano regolatore per ampliare il largo delle sue strade, rettificare curve ed angoli che ostacolano il traffico stradale e in alcuni casi anche l’aria e la luce del sole. Abbiamo anche parlato dell’urgente bisogno che si ha di fare obbligatorie le installazioni sanitarie con camere asettiche, l’approvvigionamento d’acqua corrente per tutti i bisogni, igienizzare le stalle, quando si vogliano tenere gli animali nell’abitato, ampliare la pubblica illuminazione e siamo stati d’accordo che senza queste misure non si avrebbe mai la prosperità a cui ha diritto ogni paese…

Don Bartolomeo PELLER

(Nomaglio, 17 giugno 1920 / Rueglio, 10 maggio 2014)
Ruegliese di adozione, Bartolomeo Peller nasce a Nomaglio il 17 giugno 1920, entra in giovane età nel seminario diocesano di Ivrea e viene ordinato sacerdote il 29 giugno 1946.
Il suo primo incarico è quello di vice parroco a Spineto; appena un anno dopo, il vescovo Monsignor Paolo Rostagno lo nomina però parroco di Rueglio, parrocchia nella quale fa il suo ingresso ufficiale il 25 novembre 1947. Da allora il “prevosto” così lo chiamavamo tutti in Valchiusella, lavora alacremente e ininterrottamente alla sua missione. La sua vita è stata una continua liturgia di lode; un sacerdozio vissuto con impegno e dedizione, uno spendersi che andava al di là delle forze e delle energie proprie dell’uomo, anche quando la salute non lo accompagnava. Don Peller ha fatto propria la pertinente osservazione di Sant’Agostino: “Non appartengo a me stesso e divento me stesso proprio per il fatto che vado al di là di me stesso e mediante il superamento di me stesso, riesco ad inserirmi in Cristo e nel suo corpo che è la Chiesa”.
Da quel giorno di novembre guida la parrocchia di Rueglio per ben sessantacinque anni (operando in contemporanea anche a Lugnacco per un periodo di quindici anni); nel corso della sua incessante attività è stato organista in ogni celebrazione solenne nelle varie parrocchie, ha coadiuvato i confratelli della Valchiusella e di Nomaglio, ha contribuito all’edificazione dell’asilo di Rueglio e all’istituzione una scuola di avviamento professionale, ha fondato e diretto la casa di riposo Pia Opera Glaudo, ma soprattutto ha dato esempio di cristianesimo puro e sincero per tutto il corso del suo lunghissimo apostolato.
Uomo di innata umiltà e misura, resosi conto che gli mancavano le forze e l’età avanzata non gli permetteva più di svolgere il suo ministero, ha in seguito dato le dimissioni dal ruolo di parroco, senza però smettere di curare la preghiera e di seguire i suoi compaesani, anche nei momenti più tristi.
Dal 2023 è intitolata alla sua figura la Scuola Primaria di Rueglio.

Dilma Maria Clotilde VERCELLANO FORMENTO

(Rueglio, 29 gennaio 1927 / 28 novembre 2016)
Dilma ha attraversato la sua vita con garbo ed esuberanza dedicandosi al culto delle cose belle e all'amore della sua terra. Un'istituzione per Rueglio e i ruegliesi, figura di spicco e indimenticata che ha lasciato opere importanti. Dipanando il filo dei ricordi e, animata da autentica passione, Dilma ha sempre coniugato l'interesse per le sue radici a quello per le tradizioni locali e per la collettività. Studiosa meticolosa dell'opera di Pietro Corzetto Vignot, poeta e scienziato, inventore della sfera metidrica, ha curato la riedizione di “Stil Alpin”, nel 1976. L'opera è la raccolta completa dei versi del poeta vernacolare ruegliese con traduzione in italiano a fronte del testo originale.
Come madrina onoraria della banda musicale di Rueglio, nel 2003, ha pubblicato “Arkôrt s-j-ali 'd-la müsika” (Ricordi sulle ali della musica), una ricostruzione, corredata da splendide immagini, della storia della banda ruegliese attraverso le figure dei suoi protagonisti, lungo un arco di tempo che supera il secolo e mezzo (dal 1851 al 2003).
Dalla freschezza della sua penna, esce ancora, nel 2012, “Memorie di un'adolescenza nomade”, un diario di viaggio a cavallo degli anni dal 1938 al 1942, dove i suoi occhi di bambina si sgranano su un mondo lontano come quello della Persia, terra dove il padre lavora e dove lei, che frequenta gli studi a Teheran dal 1938 al 1941, incamera ricordi di luoghi, persone e visioni fiabesche.
Dalla verve della sua personalità e dalla sua dedizione all'esplorazione della memoria e alla valorizzazione della cultura ruegliese, Dilma ha realizzato ancora due lavori: il primo, sull'emigrazione ruegliese nel mondo, è rimasto purtroppo incompiuto; il secondo, il “Dizionario sentimentale del dialetto ruegliese” (pubblicato postumo e curato nell'edizione finale da Romano Stura), è l'ultimo, preziosissimo atto di generosità creativa che Dilma regala ai ruegliesi. Un dizionario che non è solo una traduzione sistematica dei termini dal dialetto ruegliese all'italiano ma un'ulteriore testimonianza, attraverso immagini, curiosità e aneddoti di quanto profondo e affettuoso sia il legame di Dilma con Rueglio, con la sua gente e con la sua storia.

Quanto sono chiare le informazioni su questa pagina?

Valuta da 1 a 5 stelle la pagina

Grazie, il tuo parere ci aiuterà a migliorare il servizio!

Quali sono stati gli aspetti che hai preferito? 1/2
Dove hai incontrato le maggiori difficoltà? 1/2
Vuoi aggiungere altri dettagli? 2/2
Inserire massimo 200 caratteri

Questo sito utilizza i cookie per offrirti una migliore esperienza di navigazione.
Cliccando su "Accetto" acconsenti all'utilizzo di tutti i cookies.
Se rifiuti o chiudi questo banner potrai ugualmente consultare il sito ma alcune funzionalità potrebbero non essere disponibili.

Leggi la Cookies policy
Si tratta di cookies tecnici indispensabili al funzionamento del sito
Consentono di monitorare le visite al sito (statistiche) e per farti visualizzare messaggi pubblicitari coerenti con le preferenze ed i gusti da te manifestati durante la tua navigazione su Internet